Il sole24Ore 16 ott. ’17

Le difficoltà degli italiani di accedere alla cure odontoiatriche, e quelle sanitarie più in generale, sono note già da tempo. I dati riproposti da Censis e Istat indicano che ad essere colpiti dalla crisi economica non sono solo le fasce di popolazione socialmente deboli ma anche la classe media e soprattutto quella autonoma, più precaria.

Secondo Istat, negli ultimi 12 mesi, sono stati in media il 12% degli occupati – con punte che superano il 15% – a rinunciare alle cure odontoiatriche. E ben l’87% di chi smesso di fissare un appuntamento dal dentista è stato spinto da motivi economici.

Per questo l’Associazione nazionale dentisti italiani (Andi), nel corso di un convegno al ministero della Salute, ha rilanciato il progetto dell’assistenza integrativa.

La soluzione è già delineata ma resta bloccata presso i ministeri competenti. Andi, infatti, ha attivato il Fondo Fas (Fondazione Andi Salute) che consentirebbe a tutti i cittadini l’intera deducibilità fiscale fino a 3.615,20 euro/anno per le cure mediche e odontoiatriche, senza scendere a compromessi sulla tipologia di cura.

«Un vantaggio fiscale che però a oggi non abbiamo la certezza di poter garantire ai pazienti che sottoscrivono il fondo – spiega il presidente Gianfranco Prada – per dubbi interpretativi che al momento consentono solo agli studi accreditati con il Ssn di poter erogare le prestazioni».

E si tratta di una goccia nel mare poiché il 90% circa degli italiani sceglie un dentista privato, il 5% una struttura odontoiatrica e solo il 4% si rivolge al Ssn (il restante 1% si affida ai viaggi nei paesi dell’Est Europa).

«Attendiamo una risposta dai ministeri competenti – aggiunge il presidente Andi – per riuscire a dare quel supporto necessario a milioni di italiani che hanno problemi di salute orale e consentire a coloro che ne hanno bisogno di affidarsi alla rete selezionata tra i 24 mila dentisti associati su tutto il territorio italiano, anche nel più sperduto paesino di provincia».

Insomma, il sistema dell’assistenza sanitaria integrativa, nato proprio per “sopperire” alle carenze del Ssn per le prestazioni considerate non Lea e quindi soprattutto odontoiatria e assistenza a lungo termine, «è rimasto incompiuto e ciò a fronte di una richiesta che cresce rapidamente per importanza e per dimensioni in un contesto normativo malamente regolato dove non vi è chiarezza su istituti giuridici, modalità di erogazione delle prestazioni, verifiche della qualità dell’assistenza erogata, sostenibilità nel tempo, affidamenti in gestione applicazione delle agevolazioni fiscali».

Ad oggi i fondi sanitari integrativi Doc (quelli che consentono di ottenere le agevolazioni fiscali) sono 8 con 9.156 iscritti e 1.250.000 di euro di risorse impegnate, gli altri fondi sanitari integrativi (prevalentemente legati ai contratti di lavoro) sono 297 con 9.145.336 iscritti e 2.242.215.000 di euro di risorse impegnate.

Il fondo creato da Andi ha ottenuto l’iscrizione all’anagrafe dei Fondi nell’elenco dei cosiddetti “Doc” ovvero di quelli che forniscono prestazioni integrative e non sostitutive o complementari a quelle del Ssn. Il Fas, dunque, come Fondo Doc, consente di sviluppare un’offerta di cure odontoiatriche indirizzata alla totalità dei cittadini e non solo ai lavoratori dipendenti

«La legge istitutiva dei fondi sanitari è fallita e il tentativo di riformarla con i decreti Turco e Sacconi ha prodotto una diseguaglianza tra i cittadini – commenta Prada -. I lavoratori dipendenti ed i loro familiari possono godere delle agevolazioni fiscali offerte dai contratti di lavoro usufruendo dalla sanità integrativa contrattuale dei Fondi non Doc, con molte limitazioni, sprechi di risorse e inappropriatezza delle cure. Il resto della popolazione (la maggioranza) non ha possibilità di accedere al secondo pilastro della sanità soprattutto per l’odontoiatria, col paradosso che i Fondi Doc dedicati, che prevedono sgravi fiscali, non possono operare».

Il Fondo Fas dell’Andi, dunque, consente di sviluppare un’offerta di cure odontoiatriche indirizzata alla totalità dei cittadini e non solo ai lavoratori dipendenti, «potendo utilizzare il vantaggio del risparmio fiscale che, ora come mai prima, è una variabile dalla quale è impossibile prescindere per fare una proposta economica realmente conveniente».

Secondo l’associazione italiana dei dentisti, infatti, va considerato che, fino a qualche anno fa, le risorse accantonate dagli italiani per le cure sanitarie erano riservate, in modo quasi esclusivo, a quelle odontoiatriche. Oggi, invece, le continue revisioni al ribasso degli indici per accedere alla prestazioni Lea e gli aumenti del costo del ticket «costringono sempre più a fare scelte diversificate: ticket per l’esame del sangue o quello per la visita oculistica, acquistare il farmaco che un tempo era in fascia C oppure la cura della carie».

«La nostra proposta – conclude Prada – si fonda sul dare priorità alle scelte cliniche rispetto a quelle economiche, quindi le cure – odontoiatriche, nel nostro caso – devono essere necessarie ed appropriate sulla base di una diagnosi e di un piano di cura e non attraverso un elenco che può far comodo solo a chi “vende prestazioni” col risultato di produrre over treatment. Nella prestazione sanitaria resta fondamentale la presa in carico del paziente e la relazione professionale con il medico».

ERNESTO DIFFIDENTI © RIPRODUZIONE RISERVATA

 

Il sole24Ore 23 Sett. ’17

Dentista, se si interrompono le cure la parcella va pagata

Non può opporsi al pagamento della parcella a causa di complicanze impreviste il paziente che non ha completato le cure odontoiatriche.

Lo ha stabilito il Tribunale di Ferrara, con la sentenza 7 giugno 2017 n. 600, chiarendo però che al professionista non è dovuta alcuna somma per il parere del Consiglio dell’Ordine. E che neppure sono dovuti gli interessi moratori essendo il paziente un consumatore e non una impresa.

Il paziente aveva proposto opposizione a un decreto ingiuntivo del Tribunale («per la somma di 5.340,00 euro, oltre 267,00 euro per richiesta del parere di congruità al Consiglio dell’Ordine di appartenenza, e oltre interessi moratori»), basandosi sul parere di un professore che aveva proposto «una nuova impostazione del programma di terapia».

Secondo il Tribunale però il professore «non individua alcun pregiudizio sofferto a causa delle prestazioni odontoiatriche», affermando anzi che «a oggi non risulta possibile stabilire il ruolo eziopatolo- genetico del recente trattamento di ortodonzia».

Inoltre, la relazione «pare ignorare che la paziente si è sottratta alle sedute programmate, sì che l’opera è rimasta ad uno stadio provvisorio ed incompleto». Infine, da nessuna parte si legge che «l’attività del dottore sia stata inutile, che le protesi siano da rimuovere, ecc.». E l’accertamento medico-legale condotto dal Ctu ha confermato l’assenza sia di un inadempimento da parte dell’odontoiatra che di un danno sofferto dalla paziente.

Nei piani di terapia complessa, spiega infatti il Ctu, «è spesso impossibile prevedere tutte le fasi da svolgere, con il dovere di rivalutare il caso volta per volta». Mentre la paziente «si sottrasse ai controlli rendendo così impossibile al medico formulare un piano di trattamento eventualmente integrativo a quello già svolto». Tantomeno il dottore risponde di quanto fatto da altri colleghi, a cui pure l’aveva indirizzata, in quanto «non esiste una culpa in eligendo fra professionisti, nel senso che ognuno risponderà di quello che ha fatto».

Ricapitolando, l’accertamento tecnico ha escluso «un operato imprudente od imperito del dottore, il quale ha proceduto con cautela, per studiare il caso che presentava indubbia difficoltà, e quindi predisporre il migliore trattamento in base all’evolversi della condizione della paziente».

La paziente, invece, «non ha collaborato alle cure, non presentandosi agli appuntamenti senza alcuna giustificazione». Se quindi l’incompletezza del trattamento fu una concausa dell’asserita (ma invero neppure essa dimostrata) «slatentizzazione di un disordine cranio mandibolare» precedentemente assente, la paziente «deve imputare a se stessa questa conseguenza negativa dell’incompletezza delle protesi».

Non è dovuto, invece, l’importo di 267 euro per il parere di congruità del Consiglio dell’Ordine, «atteso che si è trattato di un’attività non necessaria per l’esercizio del diritto di credito». E neppure sono dovuti gli interessi moratori ex articolo 5 del Dlgs 231/2002, «poiché il paziente è un consumatore per definizione, e certamente non agisce nell’esercizio di un impresa, a prescindere dalla professione esercitata». Non ci si trova pertanto in presenza di una transazione commerciale, per cui gli interessi di mora sono dovuti nella misura legale.

FRANCESCO MACHINA GRIFEO © RIPRODUZIONE RISERVATA

 

17 MAGGIO 2016

Così le ultime tecnologie spingono il dental care 4.0

Gli anestetici. Le speciali poltrone (in gergo, “riuniti”) degli studi odontoiatrici. Materiali da impronta. Faccette e denti artificiali. Scanner orali e radiografi 3D. Potrei continuare a lungo nell’elencare i tanti prodotti e device destinati al dental care globale dall’industria manifatturiera dentale italiana.

Noi produttori italiani di attrezzature e materiali per dentisti e odontotecnici siamo circa 300 e impieghiamo oltre 10mila addetti, il 90 per cento di queste aziende è oggi raccolta in Unidi, l’Unione industrie dentarie italiane che mi onora di presiederla.

Un mondo industriale “multi nicchia” – capace di rispondere ai dentisti di tutto il mondo con prodotti e strumenti in arrivo dal chimico, dal farmaceutico, dal micromeccanico, dall’arredo e ancora molto altro – in cui più importante della taglia dimensionale è la focalizzazione e l’eccellenza nel proprio ambito.

Un’eccellenza che fa del nostro Paese, il secondo produttore europeo, superati solo dalla Germania, e il terzo al mondo, dove competiamo con gli Stati Uniti d’America e, ancora, i tedeschi.

Questo “saper fare bene” è stato premiante. La ricerca sul mercato del dentale 2015 condotta da Roberto Rosso di Key Stone per Unidi, peraltro ancora in corso, fa marcare un andamento delle vendite retail molto positivo, con un range fra +4,1% e 4,5% nel mercato complessivo, un risultato di gran lunga migliore dell’andamento del Paese nel suo complesso.

Molto interessante la composizione di questa crescita, che si attesta intorno al 2,5% nei consumi e nell’implantologia e giunge all’8,2% negli investimenti in attrezzature. C’è dunque un ritorno della fiducia fra dentisti e odontotecnici, che hanno ripreso a investire, rispondendo agli sforzi dell’industria dentale italiana. La quale si è orientata fortemente all’innovazione in ambito digitale, in particolare attraverso lo sviluppo delle tecnologie Cad-Cam per dentisti e odontotecnici e grazie a una rapida diffusione della diagnostica per immagini.

Un dato su tutti risulta particolarmente interessante: il numero dei radiografici panoramici è cresciuto del 15% e, tra questi, le vendite dei radiologici 3D sono aumentate del 50 per cento.

Una rivoluzione che avrebbe bisogno di politiche industriali, di un disegno e attraverso queste di una visibilità internazionale Proprio questa rivoluzione ha informato il vasto programma di Expodental 2016 (Rimini dal 19 al 21 maggio) organizzata da Unidi e l’unica fiera del dentale in Italia in grado di offrire agli operatori del settore una “fotografia” esaustiva dell’innovazione nel dental care (vedi programma allegato). Oltre 200 espositori (solo a oggi, le richieste ancora pervengono) su circa 5.500 metri quadrati di spazi.

L’evento clou di Expodental sarà una perlustrazione del mercato a 360°, quando venerdì 20 maggio saranno presentati sia i dati dell’Andi (Associazione nazionale Dentisti italiani), la maggiore e più autorevole associazione di odontoiatri italiani sia quelli di Unidi. Un evento unico nella storia del dental care che permetterà a operatori, giornalisti e investitori di avere la esatta dimensione dei trend in atto nel settore. Dimensioni che l’Italia offre all’Europa, rivelandosi un’antesignana: infatti, in nessun’altra nazione Ue – fatta eccezione per l’Inghilterra – produttori e consumatori hanno mai presentato dati così puntuali e attenti come accadrà a Rimini.

Un avvio all’altezza delle intenzioni di Expodental 2016, che intende portare i visitatori nel futuro ovvero nel Dental Care 4.0. La digitalizzazione al servizio delle cure è già una realtà, ma molto altro si profila in vista di tre obiettivi: sicurezza, efficacia e sostenibilità sia per gli operatori, privati e pubblici, che per i pazienti. Nessun ambito a Expodental 2016 sarà escluso da questa linea guida, a cui hanno aderito le associazioni e i singoli professionisti di ogni settore invitati a portare il proprio contributo nei workshop in programma.

Non a caso dunque Expodental 2016, è stata scelta dalla Digital dentistry society – l’associazione internazionale di cui il professor Carlo Mangano è uno dei padri fondatori – per affrontare tutti gli aspetti attuali e futuri della Odontoiatria digitale in un corso di assoluta innovazione: sarà possibile a Rimini sperimentare uno Studio dentistico 4.0 all’interno del quale tutor seguiranno i dentisti e gli odontotecnici in un flusso di lavoro totalmente digitale.

E ancora di odontoiatria e nuove tecnologie si parlerà nei simposi scientifici in cui ci si avvarrà di presentazioni in 3D nello spazio #eccellenzadentale. Le comunicazioni, coordinate dal Professor Aldo Bruno Giannì, vedranno protagonisti il Professor Tiziano Testori e il professor Giovanni Zucchelli Expodental ospita anche i protagonisti dei laboratori odontotecnici, che attraverso la loro associazione (Antlo) entrerà nel merito delle ultime frontiere digitali grazie al “Forum della ceramica”.

GIANFRANCO BERRUTI presidente Unidi © RIPRODUZIONE RISERVATA

 

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